Ho
voluto dedicare questo spazio del blog al rapporto sordità – musica, in
quanto penso che questa è una forma d’arte che riguarda tutti noi e che non può
non riguardare anche gli individui sordi. Ebbene sì, la musica si può accostare
alla sordità, anche se la questione provoca effetto.
L’accostamento
sordità-musica ancora oggi fa sorridere molte persone. Ma se intendiamo la
parola musica come la intendevano i greci, cioè come mousiké, concetto sicuramente più ampio rispetto a come
lo intendiamo noi oggi, vale a dire musica intesa come fenomeno che è al tempo
stesso sonoro – acustico – ritmico – linguistico–gestuale, cioè musica intesa
come arte del tempo, arte della dinamica del corpo, allora siamo sulla buona
strada per cercare di non vedere questo accostamento come insignificante o
addirittura impossibile, bensì come rapporto che fa della musica un elemento
che non conosce barriere.
Effettivamente
anche se ancor oggi sull'aspetto sordità-musica vi sono dei pregiudizi, i non
udenti ne sono attratti, questo perché oggigiorno siamo
circondati quotidianamente dai suoni e dalle musiche, ed essendo il mondo dei
sordi, il mondo dalla quale proveniamo tutti noi, quest’insaziabilità com'è insita negli udenti, lo è nei sordi; questo accade anche perché tutti gli
esseri umani sono circondati da suoni e musiche a partire dalla vita nel grembo
materno , il quale viene chiamato da alcuni studiosi la Prima Orchestra, orchestra che permette di accordare in una
vibrazione – fisica e sonora – il corpo della mamma e quello del bambino.
Queste esperienze sonore ascoltate in grembo, rimarranno radicate nella memoria
originale di ognuno di noi, anche delle persone non udenti. Detto questo però
la domanda nasce spontanea: com'è possibile tutto questo visto che le persone
sorde probabilmente già prima dalla nascita non sono dotati di udito? L’ascolto
è qualcosa di complesso. È sbagliato quindi attribuire l’ascolto di suoni,
rumori, parole e musiche soltanto alle orecchie. I sordi sentono come noi
perché il loro corpo, in particolare le loro mani, sono le loro orecchie.
Attraverso
la risonanza corporea i non udenti si accorgono di qualcosa che investe il loro
corpo, permettendogli di “ascoltare” in un diverso modo.
Dopo aver
chiarito come le persone non udenti possono “sentire” la musica, affermare che
i sordi amano andare a ballare in discoteca non dovrebbe più portare sgomento.
Ebbene si, le persone sorde prediligono andare in discoteca, e sin quanto detto
è evidente che la chiave è il ritmo: esso è quella parte della musica, quel 50%
che si affianca alla melodia, che i sordi percepiscono, nonché la parte più
intima e primitiva della musica, quella fatta di tamburi e percussioni, che
permettono di sentire le vibrazioni per
tutto il corpo, provocando delle vere e proprie emozioni, come ogni individuo
udente quando ascolta la musica.
A
tal proposito, dunque, l’aspetto interessante, oltre al fatto che questi
individui – anche se in forma diversa – possono “sentire” la musica, è che,
come ogni individuo che ascolta la musica, anche nell'individuo sordo essa provoca delle emozioni, ed evoca degli stati d’animo.
Le
emozioni si formano attraverso il vissuto psicologico di ognuno di noi, perciò
sono uniche, ma paradossalmente sono uguali per tutti. Precisamente sono
‹‹avvertite››
in modo soggettivo ma dichiarate attraverso le stesse manifestazioni fisiche:
espressioni del volto, rossore, sudorazione,
batticuore,
coinvolgimento del sistema nervoso. Dunque nel momento in cui i sordi provano
emozione sentendo una musica, la manifestano allo stesso modo di qualsiasi
altro individuo normodotato. Questo è essenziale per dimostrare come la musica,
intesa come musa ispiratrice delle nostre emozioni, ha lo stesso valore tanto per
gli udenti quanto per i sordi. In dimostrazione di ciò mi viene da riportare un
modo di dire che in questo caso fa capire la vera essenza della musica per il
non udente: quante volte quando siamo profondamente emozionati usiamo dire ‹‹mi
mancano le parole››, quasi a dimostrare che gli stati d’animo più intensi, le
sensazioni più viscerali le percepiamo “sentendo” non parlando. Tante volte
usiamo questo modo di dire, forse perché effettivamente le emozioni li
percepiamo con il cuore e non con l’orecchio.
Detto
questo si può affermare che il rapporto sordità-musica è un rapporto reale e
significativo e che il lavoro e l’impegno di musicisti sordi ne è un esempio
per le persone sorde ma soprattutto per gli udenti, in quanto questo può far
capire che siamo tutti umani e possiamo fare le stesse cose.
“… Lo strumento trasmette la mia
energia e le mie composizioni sono la mia voce, che parla ancora più delle
parole perché, come dissero i grandi della musica ‹‹la musica arriva là dove le
parole non arrivano››”
Daniele Gambini (musicista e compositore
sordo)
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