mercoledì 26 giugno 2013

Io sostengo la LIS

Promuovi la LIS attraverso i social network! Crea un video di pochi secondi e postalo su facebook o twitter. Questo è un buon modo per vincere la causa e ottenere così, il riconoscimento della Lingua Italiana dei Segni. Guarda il video per sapere come fare.

domenica 16 giugno 2013

Io segno perché...

Questo video ha come obiettivo la sensibilizzazione all'utilizzo della lingua dei segni (LIS) come mezzo per favorire l'integrazione degli individui sordi, nonché la limitazione dei disagi che queste persone possono incontrare quotidianamente. Io segno e tu?

martedì 11 giugno 2013



Tecnologia: tutte le App Smartphone per i non udenti!



Ancora una volta la tecnologia ha dimostrato di essere dalla nostra parte, dando il suo forte contributo affinché i soliti gesti quotidiani, risultino ancor più immediati e pratici. Tra le varie applicazioni, scaricabili sui cellulari smartphone, molte sono inutili, altre potrebbero offrirci qualche agevolazione ma potremmo benissimo farne a meno, altre ancora sono risultate estremamente innovative ed efficaci. Con le invenzioni delle App, l’uso dei cellulari non è più confinato alla mera ricezione di chiamate e messaggi o al loro invio, essi si sono evoluti divenendo magicamente torce elettriche, navigatori satellitari o stazioni metereologiche; ciò che desta scalpore è che il tutto è possibile grazie ad un solo click: visitando l’App Store del proprio cellulare, è possibile scaricare molteplici applicazioni in base alle proprie esigenze. Quando in pochi secondi è possibile migliorare la quotidianità di qualcuno, allora possiamo dire che la tecnologia ha centrato il bersaglio! Nel 2012 è stata creata l’applicazione Marlee Signs che prende il nome dal suo programmatore: una giovane ragazza di 18 anni che perse l’udito a causa di una malformazione genetica. L’App prevede l’apprendimento della lingua dei segni grazie ad alcuni demo, di cui la ragazza è protagonista; si tratta di immagini visive che facilitano ai fruitori la comunicazione. Più attuale è The Finger, disponibile solo per iPhone: è un’applicazione capace di tradurre in lingua dei segni, tutto ciò che noi scriviamo. Sono 99 i segni precaricati ma, essendo open source, è possibile personalizzare il prodotto inserendo nuove parole che, automaticamente, si trasformeranno in segni. The Finger è stata pensata per essere un vero e proprio interprete di lingua dei segni; renderà senz’altro facile lo scambio di idee tra udenti e non udenti. Un team di ricercatori dell’università dell’Essex, ha dato vita a BioAid: un’applicazione che permette allo smathphone di trasformarsi in apparecchio acustico. I ricercatori, per sviluppare l’app, hanno cercato di replicare la complessità dell’udito umano; poiché i tradizionali apparecchi acustici hanno un unico settaggio che non prevede il giusto mix di frequenze, grazie all’applicazione, progettata con 4 preset, è possibile enfatizzare il volume solo di alcuni suoni e sarà il paziente a personalizzare il prodotto trovando la configurazione più adatta alle sue esigenze. I problemi di udito, la maggior parte delle volte, costringono le persone a ritirarsi nel proprio mondo, privandosi della vita sociale. La tecnologia ha fatto da ammortizzatore per ovviare al disagio, venendo incontro ad utenti particolari, con esigenze diverse rispetto ai consueti fruitori

giovedì 6 giugno 2013

Il Ragazzo Selvaggio

 
 
 
Il ragazzo selvaggio è un film di Truffaut ispirato ad una vicenda realmente accaduta: quella di Victor, un bambino cresciuto in solitudine nella foresta dell'Aveyron. Preso in cura da Itard, un medico dell'Istituto per sordomuti di Parigi, Victor non riuscirà mai a parlare ma si esprimerà a gesti fino alla fine della sua vita. Itard scriverà un libro dal titolo il ragazzo selvaggio appunto.
Pretendo spunto da questa vicenda mostrerò l'importanza per il bambino sordo di essere immesso in un contesto che gli permetta di sviluppare una sua lingua. 
Un pregiudizio radicato per secoli nella collettività è quello di ritenere il bambino sordo un ritardato mentale. Questo perché si è pensato per lungo tempo che il discrimine fra l'uomo e la bestia fosse la lingua verbale. 
Che la parola fosse sinonimo di mente, di mente che ragiona. Oggi possiamo affermare che questa convinzione è errata. 
La lingua ci distingue dagli animali certo, l'uomo è tale perché ha una lingua, ovvio. Ma non c'è nulla che impedisca al sordo di avere una sua lingua, di essere un umano. Ogni bambino, sordo compreso, nei suoi primi anni di vita è puro ascolto. Ogni bambino che è messo nelle condizioni per farlo sviluppa una facoltà di linguaggio. Questa si manifesta oralmente e in maniera naturale nel bambino udente. È ovvio che non può manifestarsi in maniera altrettanto naturale nel bambino sordo a causa del suo deficit sensoriale.
Il bambino che nasce sordo non dimostra alcun interesse verso il linguaggio. Attraversa una fase di lallazione come ogni bambino ma a questa fase segue subito una lallazione segnata. Nel bambino udente si svilupperà una lingua parlata, in quello sordo una segnata. Sempre che gli sia concessa libertà di segnare.
Il sordo non è un ritardato, solo non parla perchè non è quella la sua natura. La sua natura di sordo gli chiede di segnare, se il sordo segna il sordo pensa, quindi il sordo sviluppa una facoltà di linguaggio che lo distingue dagli animali. Il dramma è quando una persona sorda non è messa nelle condizioni di acquisire una lingua. Il bimbo sordo ha bisogno di essre immesso in un contesto in cui la "sua" facoltà di linguaggio si possa attivare naturalmente. 

La Lingua è intrinsecamente sociale e quella segnata non è da meno. La dimostrazione di ciò è data dall'esistenza di quei bambini lupo di cui ci parla Truffaut. Quei bambini vissuti in solitudine e che anche dopo essere stati immessi in un contesto sociale non riescono comunque a parlare. Il loro orizzonte di pensiero è limitato così come limitato risulta essere quello del sordo a cui viene impedito di esprimersi naturalmente.  
Un bimbo sordo nasce sordo non ritardato. Se gli si nega la possibilità di sviluppare una lingua, allora si che avrà un ritardo cognitivo.

C'è sordo e sordo


Non esiste un solo tipo di sordità ma siamo in grado di distinguerne per grandi linee almeno tre tipi:
- SORDITÀ PROFONDA
-SORDITÀ PRE-LINGUISTICA
-SORDITÀ POST-LINGUISTICA
 Da questa distinzione possiamo dedurre delle diverse conseguenze per quella che sarà la vita del sordo.
Passiamo ad analizzarle: 
Si chiama sordo profondo colui che non ha mai avuto nessun tipo di ascolto sin dalla nascita. 
Il suo però non è un mondo completamente silenzioso, egli può sentire le vibrazioni della musica, il rombo dei motori, avere una grande sensibilità per ogni sorta di vibrazioni percepite per via ossea. Possiamo infatti distinguere due tipi di ascolto: quello aereo, cioè della coclea (che è quella parte dell'orecchio interno che svolge funzioni uditive) e quello osseo; lo scheletro ascolta e il suo ascolto va sempre al cervello. Questo è però un ascolto emozionale che non decodifica significati. Non avendo mai avuto accesso alla lingua il sordo profondo non dimostrerà mai alcuna inclinazione verso di essa.
Il secondo tipo di sordità ė quella pre-linguistica. Il bambino perde la capacità uditiva prima di avere acquisito una lingua e cioè prima dei due anni. Pur non avendo una strutturazione del linguaggio ha comunque un rapporto con esso. 
Il sordo post-linguistico, l'ultimo tipo di sordo di cui mi occuperò, diviene sordo dopo aver acquisito una lingua dunque Sa che le parole esistono e dal punto di vista cognitivo è colui che avrà meno difficoltà.

Io segno perchè...



Ho creato questa immagine per esprimere il motivo per il quale ritengo che la Lis sia una lingua come tutte le altre, e debba essere riconosciuta come tale.
Io segno perché tutti abbiamo lo stesso diritto a comunicare il nostro pensiero.

L'incostituzionalità dell'art. 119 del Codice di Procedura Penale 1988






Le ultime lezioni  del corso si sono concentrate sull’articolo 119 del Codice di Procedura Penale del 1988. Bene, come mai ci siamo occupati di ciò? Non frequentiamo le aule di Giurisprudenza, eppure, ha molto a che vedere  con l’argomento di questo corso. L’articolo s’intitola: “Partecipazione del sordo, muto, o sordomuto agli atti del procedimento” e il primo comma dice: « Quando un sordo, un muto o un sordomuto vuole o deve fare dichiarazioni, al sordo si presentano per iscritto le domande gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde oralmente; al muto si fanno oralmente le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto; al sordomuto si presentano per iscritto le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto.»
Quale immagine evocano queste parole nella nostra mente? Personalmente quella di un’aula di tribunale in cui vi sono diverse persone impegnate nella propria performance e un povero tizio  che si trova ad assistere a questa sorta di film muto che, di tanto in tanto, viene reso partecipe.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 341 del 22 Luglio 1999, ha considerato l’articolo incostituzionale. Come mai, cosa c’è che non va? Questa norma appariva discriminatoria e in palese contrasto con l'art.3 della Costituzione stante la disparità del trattamento esistente. Infatti, una situazione del genere, crea diseguaglianza tra i cittadini udenti e quelli sordi, i quali, si trovano immersi in una situazione il cui diritto di difendersi è trascurato e la partecipazione è molto discutibile. La comprensione della lingua nella quale si tiene il procedimento, costituisce la principale espressione per la necessaria partecipazione al processo dell’imputato. E queste esigenza non può essere  limitata al momento della semplice supposizione di una domanda del giudice. Inoltre, secondo le mie ricerche, è in contrasto anche con l’art. 24 della Costituzione poiché, appunto, viene leso il diritto di difesa dell’imputato.
Leggendo il titolo dell’articolo che inizia con la parola partecipazione ci aspetteremmo, forse, una situazione ben diversa da quella che si scorge nel primo comma dell'articolo. Manca proprio la coerenza! Non prevede che le persone giochino un gioco alla pari. Ma allora, che razza di partecipazione è quella del sordo se non viene reso partecipe del processo se non quando gli si passa un fogliettino?

Musica e sordità: sentire musica con le mani



Ho voluto dedicare questo spazio del blog al rapporto sordità – musica, in quanto penso che questa è una forma d’arte che riguarda tutti noi e che non può non riguardare anche gli individui sordi. Ebbene sì, la musica si può accostare alla sordità, anche se la questione provoca effetto.
L’accostamento sordità-musica ancora oggi fa sorridere molte persone. Ma se intendiamo la parola musica come la intendevano i greci, cioè come mousiké, concetto sicuramente più ampio rispetto a come lo intendiamo noi oggi, vale a dire musica intesa come fenomeno che è al tempo stesso sonoro – acustico – ritmico – linguistico–gestuale, cioè musica intesa come arte del tempo, arte della dinamica del corpo, allora siamo sulla buona strada per cercare di non vedere questo accostamento come insignificante o addirittura impossibile, bensì come rapporto che fa della musica un elemento che non conosce barriere.
Effettivamente anche se ancor oggi sull'aspetto sordità-musica vi sono dei pregiudizi, i non udenti ne sono attratti, questo perché oggigiorno siamo circondati quotidianamente dai suoni e dalle musiche, ed essendo il mondo dei sordi, il mondo dalla quale proveniamo tutti noi, quest’insaziabilità com'è insita negli udenti, lo è nei sordi; questo accade anche perché tutti gli esseri umani sono circondati da suoni e musiche a partire dalla vita nel grembo materno , il quale viene chiamato da alcuni studiosi la Prima Orchestra, orchestra che permette di accordare in una vibrazione – fisica e sonora – il corpo della mamma e quello del bambino. Queste esperienze sonore ascoltate in grembo, rimarranno radicate nella memoria originale di ognuno di noi, anche delle persone non udenti. Detto questo però la domanda nasce spontanea: com'è possibile tutto questo visto che le persone sorde probabilmente già prima dalla nascita non sono dotati di udito? L’ascolto è qualcosa di complesso. È sbagliato quindi attribuire l’ascolto di suoni, rumori, parole e musiche soltanto alle orecchie. I sordi sentono come noi perché il loro corpo, in particolare le loro mani, sono le loro orecchie.
Attraverso la risonanza corporea i non udenti si accorgono di qualcosa che investe il loro corpo, permettendogli di “ascoltare” in un diverso modo.
Dopo aver chiarito come le persone non udenti possono “sentire” la musica, affermare che i sordi amano andare a ballare in discoteca non dovrebbe più portare sgomento. Ebbene si, le persone sorde prediligono andare in discoteca, e sin quanto detto è evidente che la chiave è il ritmo: esso è quella parte della musica, quel 50% che si affianca alla melodia, che i sordi percepiscono, nonché la parte più intima e primitiva della musica, quella fatta di tamburi e percussioni, che permettono di sentire le vibrazioni per tutto il corpo, provocando delle vere e proprie emozioni, come ogni individuo udente quando ascolta la musica.
A tal proposito, dunque, l’aspetto interessante, oltre al fatto che questi individui – anche se in forma diversa – possono “sentire” la musica, è che, come ogni individuo che ascolta la musica, anche nell'individuo sordo essa provoca delle emozioni, ed evoca degli stati d’animo.
Le emozioni si formano attraverso il vissuto psicologico di ognuno di noi, perciò sono uniche, ma paradossalmente sono uguali per tutti. Precisamente sono ‹‹avvertite›› in modo soggettivo ma dichiarate attraverso le stesse manifestazioni fisiche: espressioni del volto, rossore, sudorazione, batticuore, coinvolgimento del sistema nervoso. Dunque nel momento in cui i sordi provano emozione sentendo una musica, la manifestano allo stesso modo di qualsiasi altro individuo normodotato. Questo è essenziale per dimostrare come la musica, intesa come musa ispiratrice delle nostre emozioni, ha lo stesso valore tanto per gli udenti quanto per i sordi. In dimostrazione di ciò mi viene da riportare un modo di dire che in questo caso fa capire la vera essenza della musica per il non udente: quante volte quando siamo profondamente emozionati usiamo dire ‹‹mi mancano le parole››, quasi a dimostrare che gli stati d’animo più intensi, le sensazioni più viscerali le percepiamo “sentendo” non parlando. Tante volte usiamo questo modo di dire, forse perché effettivamente le emozioni li percepiamo con il cuore e non con l’orecchio.
Detto questo si può affermare che il rapporto sordità-musica è un rapporto reale e significativo e che il lavoro e l’impegno di musicisti sordi ne è un esempio per le persone sorde ma soprattutto per gli udenti, in quanto questo può far capire che siamo tutti umani e possiamo fare le stesse cose.

“… Lo strumento trasmette la mia energia e le mie composizioni sono la mia voce, che parla ancora più delle parole perché, come dissero i grandi della musica ‹‹la musica arriva là dove le parole non arrivano››”
Daniele Gambini (musicista e compositore sordo)






mercoledì 5 giugno 2013

Devi essere sordo per capire (Prima Parte)


(Willard J. Madsen)

Che cosa c’è di più terribile che “sentire” una mano?



Devi essere sordo per capirlo!

Che cosa c’è di più terribile che essere un bambino,
a scuola, in una stanza vuota di suono
con una maestra che parla e parla e parla;
e che quando ti viene vicino
si aspetta che tu abbia capito le sue parole?


Devi essere sordo per capire.


O quando la maestra pensa che per farti felice
basti insegnarti a parlare con la tua voce;
come se tu fossi un giocattolo nelle mani di un bambino ignaro
che ti strapazzi per ore ed ore senza fine e pietà,
prima che venga fuori un verso che assomigli a un suono?


Devi essere sordo per capire.


Che cosa c’è di più terribile che avere la tentazione di conoscere
tutte le verità del mondo
e di volerle conoscere con le tue sole forze,
e poi scoprire che questo tuo desiderio è destinato
ad andare in fumo
e allora ti rivolgi a un fratello, a una sorella, a un amico
perché ti guardino per darti una risposta
e che invece ti dicono, “Ma di che t’impicci, lascia perdere!”?


Devi essere sordo per capire.


Che cosa c’è di più terribile che starsene in un angolo in castigo,
pur sapendo di non aver fatto niente di male,
se non di esserti azzardato a usare le mani
per comunicare a un fratello del silenzio
un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento?


Devi essere sordo per capire.


Che cosa c’è di più terribile che vedere qualcuno gridare,
qualcuno che è solo convinto di aiutare a sentire;
e interpretare male le parole di un amico
che non vuole far altro che aiutarti a capire,
mentre tu credi che voglia prenderti in giro?


Devi essere sordo per capire.


Che cosa c’è di più terribile di quando ti ridono in faccia,
solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri
proprio per essere sicuro di aver capito bene,
e poi ti accorgi che non avevi capito niente
e allora vorresti gridare, “Ti prego, fratello, aiutami!”?



L’autore di questa poesia è Willard J. Madsen,

professore al Gallaudet College,

direttore del “Sugn Language Programs”,

sordo.



Abbiamo ritenuto possibile dividere questa poesia del Prof. Madsen in due parti, due momenti che possono esserci utili a capire come il bambino sordo si trovi in ovvia, netta difficoltà, ad essere calato in un mondo di suoni come è il nostro mondo. Nella prima parte di cui mi occuperò in questa sezione (per la seconda vi rimando all’intervento di Nicoletta Esposito, sempre all’interno di www.eticadellacomunicazione.blogspot.it ) emerge chiaramente come nella condizione attuale la vita del sordo sia veramente complicata anzi, per dirla con le parole di Madsen, terribile. . Immaginiamoci per un istante di vivere in un mondo del silenzio, senza che alcun suono raggiunga il nostro orecchio; liberi non solo dal rumore e dal caos cittadino, di quello in pochi potremmo dispiacerci, ma liberi da qualsiasi cinguettio, sibilo, insignificante suono. Ora immaginiamoci nelle nostre classi, nelle aule universitarie, nei nostri uffici, nei supermercati, completamente avvolti dal silenzio. Con i nostri amici che cercano di comunicarci qualcosa emettendo dei suoni che noi non possiamo sentire e che, allora, pensano bene di ignorarci, di lasciarci lì nel nostro mondo ovattato. Pensiamo che nelle nostre scuole i nostri insegnanti si avvicinino a noi urlandoci nelle orecchie credendo di aiutarci così a sentire e… parlare.

Sembra si voglia ignorare che un sordo profondo è quel qualcuno che sin dalla nascita non ha mai avuto esperienza di un suono e che pertanto  non è nemmeno in grado di produrlo; semplicemente perché non ha idea di cosa quel suono sia. «Che cosa c’è di più terribile che essere un bambino,a scuola, in una stanza vuota di suono con una maestra che parla e parla; e che quando ti viene vicino si aspetta che tu abbia capito le sue parole? […]O quando la maestra pensa che per farti felice basti insegnarti a parlare con la tua voce?». Come si può pretendere di insegnare a produrre un suono a qualcuno che non sa cosa sia questo suono? Sarebbe come spiegare ad un cieco che l’arcobaleno è fatto da sette colori, spigargli cosa sia un colore o fargli capire che il cielo è azzurro e non giallo. Il cieco non sa cosa sia il giallo, non sa cosa sia un colore, così come il sordomuto non sa cosa sia un suono. Ecco perché è sordo ed anche muto. Ecco perché insegnare al sordo a parlare con la propria voce non lo rende felice anzi! Lo si costringe ad apprendere una lingua che non è la sua, una cosa che per lui non significa nulla. Quello di cui stiamo parlando è l’oralismo puro a cui tanti bambini sordi sono costretti perché nel 2013 molti genitori e molti medici ritengono che segnare sia qualcosa che non appartiene all’essere umano il quale per essere tale ha bisogno di una lingua parlata: le lingue dei segni vengono considerate, erroneamente, linguaggi e non lingue e dunque non possono essere il discrimine tra l’uomo e la bestia. Il problema dell’oralismo puro però è che non prevede un accesso immediato ad una lingua del soggetto e così facendo destiniamo il bambino sordo a non avere mai una sua lingua. Se si vieta al sordo di accedere alla propria lingua naturale egli non avrà quello sviluppo cognitivo che ogni essere umano ha nel momento in cui accede alla propria lingua naturale. La lingua naturale del sordo è inevitabilmente quella dei segni. Allora  c’è un modo per evitare che il la vita di ogni bambino sordo sia la vita del bambino di Madsen. Se si accettasse questa lingua come appunto una lingua e non un linguaggio il bambino sordo non sarebbe costretto a «starsene in un angolo in castigo, pur sapendo di non avere fatto niente di male,se non di esserti azzardato ad usare le mani per comunicare ad un fratello del silenzio un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento».  Ha ragione Madsen, devi essere sordo per capire; devi essere sordo per capire che costringere un sordo a parlare è andare contro la sua natura, devi essere un sordo per capire che se il sordo non segna non ha altro modo per comunicare, devi essere un sordo per capire che il sordo non può parlare e che l’unico modo per evitare che si possa ridergli in faccia, a parte avere un po’ di buona educazione, è lasciarlo esprimere nel modo che più gli è congeniale. (Ovvero la lingua dei segni di cui si occuperà Nicoletta Esposito.)

Insomma devi essere un sordo per poter sperare nell’esistenza di un mondo che sia anche a misura di sordo.





(Realizzato volutamente senza audio)

Devi essere sordo per capire (Seconda Parte)



Devi essere sordo per capire

(Willard J. Madsen.)

[…]
Devi essere sordo per capire

Che cosa c’è di più terribile che pendere dalle labbra
di qualcuno che sente per te al telefono un amico;
e far telefonare a una ditta
ed essere costretto a svelare le tue cose più intime,
e poi scoprire che le tue parole
non sono state “tradotte” chiaramente?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che essere sordo e solo
in compagnia di quelli che possono sentire
e tu non puoi far altro che tirare ad indovinare mentre si cammina,
perché non c’è nessuno che ti tenda una mano
mentre tu cerchi di destreggiarti fra le parole e i suoni?

Devi essere sordo per capire.


Che cosa c’è di più terribile che incontrare per strada
uno sconosciuto che all’improvviso apre la bocca
per chiederti qualcosa
le parole corrono veloci sulle sue labbra
e tu non riesci a capirci nulla,
perché lui non sa che tu ti sei smarrito a rincorrere la sua voce?

Devi essere sordo per capire
.

Che cosa c’è di più terribile che capire
le agili dita dei sordi che descrivono una scena
e che ti fanno sorridere ed essere sereno
con la « parola parlata » di una mano che si muove
e che ti aiuta in qualche modo a far parte del mondo?

Devi essere sordo per capire.

Com’è terribile sentire. una mano.

Sì, devi essere sordo per capirlo!

WILLARD J. MADSEN



 “Devi essere sordo per capire” è una poesia composta da un sordo americano, il dott. Willard J. Madsen.
Nella poesia l’autore vuole mettere in luce i problemi che devono affrontare i sordi nel corso della vita, focalizzandosi  sulle difficoltà che riscontrano ogni giorno. Nell’incedere si ritrova spesso il verso che dà nome al brano come nel voler rimarcare questa condizione di mancanza che porta loro ad un livello di disparità.
I sordi come sappiamo hanno bisogno di un interprete per comunicare con le persone udenti. Madsen si pone il problema della comunicazione telefonica, affermando che  un interprete spesso non riporta la traduzione esatta di ciò che un sordo vorrebbe dichiarare.
Ribadisce che non c’è cosa più terribile che uscire e stare insieme ad amici udenti e non poter comunicare con loro ed esprimere la propria opinione, inoltre molte volte la mancanza di attenzione verso di loro non li aiuta a facilitare la comprensione di ciò che viene detto.
Il poeta vive  nel terrore di incontrare per strada qualcuno che chieda qualche informazione e di non poterlo aiutare.
Possiamo riscontrare un doppio significato quando afferma: “Che cosa c’è di più terribile che capire le agili dita dei sordi che descrivono una scena” .“Non c’è cosa più terribile” perché appunto se riesci a comprendere questo tipo di linguaggio, magari nella maggior parte dei casi non sei una persona udente e quindi sei costretto a comunicare con la lingua dei segni, ma allo stesso tempo si rincuora dicendo che sono cose che fanno sorridere appunto perché non si è soli, c’è qualcuno che ti può comprendere, con il quale puoi comunicare senza problemi e questo ti porta a sentirti parte integrante del mondo.
 “Com’è terribile “sentire” una mano. Sì, devi essere sordo per capirlo!”


La lingua dei segni è una lingua utilizzata dalle persone sorde o udenti per comunicare con i sordi. Si basa su un sistema di comunicazione visivo gestuale.
I sordi nel corso della storia hanno subito molte ingiustizie, dal medioevo fino al ‘600 venivano identificati come persone mentalmente ritardate. Solo nel ‘700 i sordi poterono accedere all’istruzione. La svolta significativa fu data da Charles Michel de l’Epée, il quale nel 1755 fondò la prima scuola pubblica  per sordi a Parigi, ed elaborò un nuovo tipo di linguaggio, decise  di utilizzare questa forma di comunicazione per insegnare la lingua scritta e parlata aggiungendo dei segni da lui creati corrispondenti alla struttura morfosintattica della lingua francese. 
Il suo successore fu Sicard che perfezionò ulteriormente il linguaggio dei segni, sviluppandolo poi in  altri continenti. Nel 1791 la scuola fondata da l’Epée diventa L’istituto Nazionale dei sordomuti di Parigi.
In seguito la lingua dei segni fu introdotta anche negli Stati Uniti per mano di Thomas Gallaudet, il quale si recò in Francia per imparare la lingua dei segni ed insieme a Clerc fondarono nel 1817 la prima scuola a Hertford nel Connecticut e in seguito la lingua si diffuse in tutti gli Stati Uniti.
 Nel 1864 Edward Gallaudet fondò a Washington la Gallaudet University, l’unica università al mondo che utilizza i segni nell’attività didattica. In Italia l’abate Tommaso Silvestri apprese il metodo di l’Epée e fondò la scuola per sordi a Roma.
Nel 1880 a Milano si riunì il Congresso Internazionale il quale diede una svolta alla lingua dei segni, in maniera del tutto negativa. Affermarono la superiorità della lingua parlata su quella segnata e imposero il divieto dell’uso dei segni. Questo comportò un calo di alfabetizzazione per i sordi. William Stokoe, un ricercatore americano, fu il primo a dimostrare che la lingua dei segni non è solo una mimica, ma è  una vera e propria  lingua, con un suo lessico e una sua grammatica  in grado di esprimere qualsiasi messaggio.
Nella lingua dei segni come in quella parlata esistono dei sottoelementi minimi privi di significato che prendono il nome di cheremi( fonemi nella lingua parlata). Ogni segno della lingua dei segni ha quattro cheremi: Movimento quello che la mano, le dita e il polso compiono nell’esecuzione del segno, l’ Orientamento  del palmo della mano che può essere rivolto verso l’alto, il basso a destra e sinistra, il Luogo dove viene eseguito il segno, e la Configurazione che sarebbe la forma assunta dalla mano.