Devi essere sordo per capire
[…]
Devi essere
sordo per capire
Che cosa c’è di più terribile che pendere dalle labbra
di qualcuno che sente per te al telefono un amico;
e far telefonare a una ditta
ed essere costretto a svelare le tue cose più intime,
e poi scoprire che le tue parole
non sono state “tradotte” chiaramente?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che essere sordo e solo
in compagnia di quelli che possono sentire
e tu non puoi far altro che tirare ad indovinare mentre si cammina,
perché non c’è nessuno che ti tenda una mano
mentre tu cerchi di destreggiarti fra le parole e i suoni?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che incontrare per strada
uno sconosciuto che all’improvviso apre la bocca
per chiederti qualcosa
le parole corrono veloci sulle sue labbra
e tu non riesci a capirci nulla,
perché lui non sa che tu ti sei smarrito a rincorrere la sua voce?
Devi essere sordo per capire .
Che cosa c’è di più terribile che capire
le agili dita dei sordi che descrivono una scena
e che ti fanno sorridere ed essere sereno
con la « parola parlata » di una mano che si muove
e che ti aiuta in qualche modo a far parte del mondo?
Devi essere sordo per capire.
Com’è terribile sentire. una mano.
Sì, devi essere sordo per capirlo!
WILLARD J. MADSEN
“Devi
essere sordo per capire” è una poesia composta da un sordo americano, il
dott. Willard J. Madsen.
Nella poesia
l’autore vuole mettere in luce i problemi che devono affrontare i sordi nel
corso della vita, focalizzandosi sulle difficoltà che riscontrano
ogni giorno. Nell’incedere si ritrova spesso il verso che dà nome al brano
come nel voler rimarcare questa condizione di mancanza che porta loro ad un
livello di disparità.
I sordi come
sappiamo hanno bisogno di un interprete per comunicare con le persone
udenti. Madsen si pone il problema della comunicazione telefonica,
affermando che un interprete spesso non riporta la traduzione esatta
di ciò che un sordo vorrebbe dichiarare.
Ribadisce
che non c’è cosa più terribile che uscire e stare insieme ad amici udenti e non
poter comunicare con loro ed esprimere la propria opinione, inoltre molte volte
la mancanza di attenzione verso di loro non li aiuta a facilitare la
comprensione di ciò che viene detto.
Il poeta
vive nel terrore di incontrare per strada qualcuno che chieda
qualche informazione e di non poterlo aiutare.
Possiamo
riscontrare un doppio significato quando afferma: “Che cosa c’è di più
terribile che capire le agili dita dei sordi che descrivono una scena” .“Non
c’è cosa più terribile” perché appunto se riesci a comprendere questo tipo di
linguaggio, magari nella maggior parte dei casi non sei una persona udente e
quindi sei costretto a comunicare con la lingua dei segni, ma allo stesso tempo
si rincuora dicendo che sono cose che fanno sorridere appunto perché non si è
soli, c’è qualcuno che ti può comprendere, con il quale puoi comunicare senza
problemi e questo ti porta a sentirti parte integrante del mondo.
“Com’è
terribile “sentire” una mano. Sì, devi essere sordo per capirlo!”
La lingua
dei segni è una lingua utilizzata dalle persone sorde o udenti per comunicare
con i sordi. Si basa su un sistema di comunicazione visivo gestuale.
I sordi nel
corso della storia hanno subito molte ingiustizie, dal medioevo fino al ‘600
venivano identificati come persone mentalmente ritardate. Solo nel ‘700 i sordi
poterono accedere all’istruzione. La svolta significativa fu data da Charles
Michel de l’Epée, il quale nel 1755 fondò la prima scuola
pubblica per sordi a Parigi, ed elaborò un nuovo tipo di linguaggio,
decise di utilizzare questa forma di comunicazione per insegnare la
lingua scritta e parlata aggiungendo dei segni da lui creati corrispondenti
alla struttura morfosintattica della lingua francese.
Il suo
successore fu Sicard che perfezionò ulteriormente il linguaggio dei segni,
sviluppandolo poi in altri continenti. Nel 1791 la scuola fondata da
l’Epée diventa L’istituto Nazionale dei sordomuti di Parigi.
In seguito
la lingua dei segni fu introdotta anche negli Stati Uniti per mano di Thomas
Gallaudet, il quale si recò in Francia per imparare la lingua dei segni ed
insieme a Clerc fondarono nel 1817 la prima scuola a Hertford nel Connecticut e
in seguito la lingua si diffuse in tutti gli Stati Uniti.
Nel 1864 Edward Gallaudet fondò a Washington
la Gallaudet University, l’unica università al mondo che utilizza i segni
nell’attività didattica. In Italia l’abate Tommaso Silvestri apprese il metodo
di l’Epée e fondò la scuola per sordi a Roma.
Nel 1880 a
Milano si riunì il Congresso Internazionale il quale diede una svolta alla
lingua dei segni, in maniera del tutto negativa. Affermarono la superiorità
della lingua parlata su quella segnata e imposero il divieto dell’uso dei
segni. Questo comportò un calo di alfabetizzazione per i sordi. William Stokoe,
un ricercatore americano, fu il primo a dimostrare che la lingua dei segni non
è solo una mimica, ma è una vera e propria lingua, con un
suo lessico e una sua grammatica in grado di esprimere qualsiasi
messaggio.
Nella lingua
dei segni come in quella parlata esistono dei sottoelementi minimi privi di
significato che prendono il nome di cheremi( fonemi nella lingua parlata). Ogni
segno della lingua dei segni ha quattro cheremi: Movimento quello che la mano,
le dita e il polso compiono nell’esecuzione del segno, l’ Orientamento del palmo della mano che può essere rivolto
verso l’alto, il basso a destra e sinistra, il Luogo dove viene eseguito il
segno, e la Configurazione che sarebbe la forma assunta dalla mano.
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