mercoledì 26 giugno 2013
Io sostengo la LIS
Promuovi la LIS attraverso i social network! Crea un video di pochi secondi e postalo su facebook o twitter. Questo è un buon modo per vincere la causa e ottenere così, il riconoscimento della Lingua Italiana dei Segni. Guarda il video per sapere come fare.
domenica 16 giugno 2013
Io segno perché...
Questo video ha come obiettivo la sensibilizzazione all'utilizzo della lingua dei segni (LIS) come mezzo per favorire l'integrazione degli individui sordi, nonché la limitazione dei disagi che queste persone possono incontrare quotidianamente. Io segno e tu?
martedì 11 giugno 2013
Tecnologia: tutte le App Smartphone per i non udenti!
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giovedì 6 giugno 2013
Il Ragazzo Selvaggio
Il ragazzo selvaggio è un film di Truffaut ispirato ad una vicenda
realmente accaduta: quella di Victor, un bambino cresciuto in solitudine
nella foresta dell'Aveyron. Preso in cura da Itard, un medico
dell'Istituto per sordomuti di Parigi, Victor non riuscirà mai a parlare
ma si esprimerà a gesti fino alla fine della sua vita. Itard scriverà
un libro dal titolo il ragazzo selvaggio appunto.
Pretendo spunto da questa vicenda mostrerò l'importanza per il
bambino sordo di essere immesso in un contesto che gli permetta di
sviluppare una sua lingua.
Un pregiudizio radicato per secoli
nella collettività è quello di ritenere il bambino sordo un ritardato
mentale. Questo perché si è pensato per lungo tempo che il discrimine
fra l'uomo e la bestia fosse la lingua verbale.
Che la parola fosse sinonimo di mente, di mente che ragiona. Oggi possiamo affermare che questa convinzione è errata.
La
lingua ci distingue dagli animali certo, l'uomo è tale perché ha una
lingua, ovvio. Ma non c'è nulla che impedisca al sordo di avere una sua
lingua, di essere un umano. Ogni bambino, sordo compreso, nei suoi primi
anni di vita è puro ascolto. Ogni bambino che è messo nelle condizioni
per farlo sviluppa una facoltà di linguaggio. Questa si manifesta
oralmente e in maniera naturale nel bambino udente. È ovvio che non può
manifestarsi in maniera altrettanto naturale nel bambino sordo a causa
del suo deficit sensoriale.
Il bambino che nasce sordo non dimostra alcun interesse verso il linguaggio. Attraversa una fase di lallazione
come ogni bambino ma a questa fase segue subito una lallazione segnata.
Nel bambino udente si svilupperà una lingua parlata, in quello sordo
una segnata. Sempre che gli sia concessa libertà di segnare.
Il sordo non è un ritardato, solo non parla perchè non è quella la
sua natura. La sua natura di sordo gli chiede di segnare, se il sordo
segna il sordo pensa, quindi il sordo sviluppa una facoltà di linguaggio
che lo distingue dagli animali. Il dramma è quando una persona sorda
non è messa nelle condizioni di acquisire una lingua. Il bimbo sordo ha
bisogno di essre immesso in un contesto in cui la "sua" facoltà di
linguaggio si possa attivare naturalmente.
La Lingua è intrinsecamente sociale
e quella segnata non è da meno. La dimostrazione di ciò è data
dall'esistenza di quei bambini lupo di cui ci parla Truffaut. Quei
bambini vissuti in solitudine e che anche dopo essere stati immessi in
un contesto sociale non riescono comunque a parlare. Il loro orizzonte
di pensiero è limitato così come limitato risulta essere quello del
sordo a cui viene impedito di esprimersi naturalmente.
Un bimbo sordo nasce sordo non ritardato. Se gli si nega la
possibilità di sviluppare una lingua, allora si che avrà un ritardo
cognitivo.
C'è sordo e sordo
Non esiste un solo tipo di sordità ma siamo in grado di distinguerne per grandi linee almeno tre tipi:
- SORDITÀ PROFONDA
-SORDITÀ PRE-LINGUISTICA
-SORDITÀ POST-LINGUISTICA
Da questa distinzione possiamo dedurre delle diverse conseguenze per quella che sarà la vita del sordo.
Passiamo ad analizzarle:
Si chiama sordo profondo colui che non ha mai avuto nessun tipo di ascolto sin dalla nascita.
Il
suo però non è un mondo completamente silenzioso, egli può sentire le
vibrazioni della musica, il rombo dei motori, avere una grande
sensibilità per ogni sorta di vibrazioni percepite per via ossea.
Possiamo infatti distinguere due tipi di ascolto: quello aereo, cioè
della coclea (che è quella parte dell'orecchio interno che svolge
funzioni uditive) e quello osseo; lo scheletro ascolta e il suo ascolto
va sempre al cervello. Questo è però un ascolto emozionale
che non decodifica significati. Non avendo mai avuto accesso alla lingua
il sordo profondo non dimostrerà mai alcuna inclinazione verso di essa.
Il secondo tipo di sordità ė quella pre-linguistica. Il bambino perde la
capacità uditiva prima di avere acquisito una lingua e cioè prima dei
due anni. Pur non avendo una strutturazione del linguaggio ha comunque
un rapporto con esso.
Il sordo post-linguistico, l'ultimo tipo di sordo di cui mi
occuperò, diviene sordo dopo aver acquisito una lingua dunque Sa che le
parole esistono e dal punto di vista cognitivo è colui che avrà meno
difficoltà.
Io segno perchè...
Ho creato questa immagine per esprimere il motivo per il quale ritengo che la Lis sia una lingua come tutte le altre, e debba essere riconosciuta come tale.
Io segno perché tutti abbiamo lo stesso diritto a comunicare il nostro pensiero.
L'incostituzionalità dell'art. 119 del Codice di Procedura Penale 1988
Le ultime lezioni del corso si sono concentrate sull’articolo 119 del Codice di Procedura Penale del 1988. Bene, come mai ci siamo occupati di ciò? Non frequentiamo le aule di Giurisprudenza, eppure, ha molto a che vedere con l’argomento di questo corso. L’articolo s’intitola: “Partecipazione del sordo, muto, o sordomuto agli atti del procedimento” e il primo comma dice: « Quando un sordo, un muto o un sordomuto vuole o deve fare dichiarazioni, al sordo si presentano per iscritto le domande gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde oralmente; al muto si fanno oralmente le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto; al sordomuto si presentano per iscritto le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto.»
Quale immagine evocano queste parole nella nostra mente? Personalmente quella di un’aula di tribunale in cui vi sono diverse persone impegnate nella propria performance e un povero tizio che si trova ad assistere a questa sorta di film muto che, di tanto in tanto, viene reso partecipe.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 341 del 22 Luglio 1999, ha considerato l’articolo incostituzionale. Come mai, cosa c’è che non va? Questa norma appariva discriminatoria e in palese contrasto con l'art.3 della Costituzione stante la disparità del trattamento esistente. Infatti, una situazione del genere, crea diseguaglianza tra i cittadini udenti e quelli sordi, i quali, si trovano immersi in una situazione il cui diritto di difendersi è trascurato e la partecipazione è molto discutibile. La comprensione della lingua nella quale si tiene il procedimento, costituisce la principale espressione per la necessaria partecipazione al processo dell’imputato. E queste esigenza non può essere limitata al momento della semplice supposizione di una domanda del giudice. Inoltre, secondo le mie ricerche, è in contrasto anche con l’art. 24 della Costituzione poiché, appunto, viene leso il diritto di difesa dell’imputato.
Leggendo il titolo dell’articolo che inizia con la parola partecipazione ci aspetteremmo, forse, una situazione ben diversa da quella che si scorge nel primo comma dell'articolo. Manca proprio la coerenza! Non prevede che le persone giochino un gioco alla pari. Ma allora, che razza di partecipazione è quella del sordo se non viene reso partecipe del processo se non quando gli si passa un fogliettino?
Musica e sordità: sentire musica con le mani
Ho
voluto dedicare questo spazio del blog al rapporto sordità – musica, in
quanto penso che questa è una forma d’arte che riguarda tutti noi e che non può
non riguardare anche gli individui sordi. Ebbene sì, la musica si può accostare
alla sordità, anche se la questione provoca effetto.
L’accostamento
sordità-musica ancora oggi fa sorridere molte persone. Ma se intendiamo la
parola musica come la intendevano i greci, cioè come mousiké, concetto sicuramente più ampio rispetto a come
lo intendiamo noi oggi, vale a dire musica intesa come fenomeno che è al tempo
stesso sonoro – acustico – ritmico – linguistico–gestuale, cioè musica intesa
come arte del tempo, arte della dinamica del corpo, allora siamo sulla buona
strada per cercare di non vedere questo accostamento come insignificante o
addirittura impossibile, bensì come rapporto che fa della musica un elemento
che non conosce barriere.
Effettivamente
anche se ancor oggi sull'aspetto sordità-musica vi sono dei pregiudizi, i non
udenti ne sono attratti, questo perché oggigiorno siamo
circondati quotidianamente dai suoni e dalle musiche, ed essendo il mondo dei
sordi, il mondo dalla quale proveniamo tutti noi, quest’insaziabilità com'è insita negli udenti, lo è nei sordi; questo accade anche perché tutti gli
esseri umani sono circondati da suoni e musiche a partire dalla vita nel grembo
materno , il quale viene chiamato da alcuni studiosi la Prima Orchestra, orchestra che permette di accordare in una
vibrazione – fisica e sonora – il corpo della mamma e quello del bambino.
Queste esperienze sonore ascoltate in grembo, rimarranno radicate nella memoria
originale di ognuno di noi, anche delle persone non udenti. Detto questo però
la domanda nasce spontanea: com'è possibile tutto questo visto che le persone
sorde probabilmente già prima dalla nascita non sono dotati di udito? L’ascolto
è qualcosa di complesso. È sbagliato quindi attribuire l’ascolto di suoni,
rumori, parole e musiche soltanto alle orecchie. I sordi sentono come noi
perché il loro corpo, in particolare le loro mani, sono le loro orecchie.
Attraverso
la risonanza corporea i non udenti si accorgono di qualcosa che investe il loro
corpo, permettendogli di “ascoltare” in un diverso modo.
Dopo aver
chiarito come le persone non udenti possono “sentire” la musica, affermare che
i sordi amano andare a ballare in discoteca non dovrebbe più portare sgomento.
Ebbene si, le persone sorde prediligono andare in discoteca, e sin quanto detto
è evidente che la chiave è il ritmo: esso è quella parte della musica, quel 50%
che si affianca alla melodia, che i sordi percepiscono, nonché la parte più
intima e primitiva della musica, quella fatta di tamburi e percussioni, che
permettono di sentire le vibrazioni per
tutto il corpo, provocando delle vere e proprie emozioni, come ogni individuo
udente quando ascolta la musica.
A
tal proposito, dunque, l’aspetto interessante, oltre al fatto che questi
individui – anche se in forma diversa – possono “sentire” la musica, è che,
come ogni individuo che ascolta la musica, anche nell'individuo sordo essa provoca delle emozioni, ed evoca degli stati d’animo.
Le
emozioni si formano attraverso il vissuto psicologico di ognuno di noi, perciò
sono uniche, ma paradossalmente sono uguali per tutti. Precisamente sono
‹‹avvertite››
in modo soggettivo ma dichiarate attraverso le stesse manifestazioni fisiche:
espressioni del volto, rossore, sudorazione,
batticuore,
coinvolgimento del sistema nervoso. Dunque nel momento in cui i sordi provano
emozione sentendo una musica, la manifestano allo stesso modo di qualsiasi
altro individuo normodotato. Questo è essenziale per dimostrare come la musica,
intesa come musa ispiratrice delle nostre emozioni, ha lo stesso valore tanto per
gli udenti quanto per i sordi. In dimostrazione di ciò mi viene da riportare un
modo di dire che in questo caso fa capire la vera essenza della musica per il
non udente: quante volte quando siamo profondamente emozionati usiamo dire ‹‹mi
mancano le parole››, quasi a dimostrare che gli stati d’animo più intensi, le
sensazioni più viscerali le percepiamo “sentendo” non parlando. Tante volte
usiamo questo modo di dire, forse perché effettivamente le emozioni li
percepiamo con il cuore e non con l’orecchio.
Detto
questo si può affermare che il rapporto sordità-musica è un rapporto reale e
significativo e che il lavoro e l’impegno di musicisti sordi ne è un esempio
per le persone sorde ma soprattutto per gli udenti, in quanto questo può far
capire che siamo tutti umani e possiamo fare le stesse cose.
“… Lo strumento trasmette la mia
energia e le mie composizioni sono la mia voce, che parla ancora più delle
parole perché, come dissero i grandi della musica ‹‹la musica arriva là dove le
parole non arrivano››”
Daniele Gambini (musicista e compositore
sordo)
mercoledì 5 giugno 2013
Devi essere sordo per capire (Prima Parte)
(Willard J. Madsen)
Che cosa c’è di più terribile che “sentire” una mano?
Devi essere sordo per capirlo!
Che cosa c’è di più terribile che essere un bambino,
a scuola, in una stanza vuota di suono
con una maestra che parla e parla e parla;
e che quando ti viene vicino
si aspetta che tu abbia capito le sue parole?
Devi essere sordo per capire.
O quando la maestra pensa che per farti felice
basti insegnarti a parlare con la tua voce;
come se tu fossi un giocattolo nelle mani di un bambino ignaro
che ti strapazzi per ore ed ore senza fine e pietà,
prima che venga fuori un verso che assomigli a un suono?
basti insegnarti a parlare con la tua voce;
come se tu fossi un giocattolo nelle mani di un bambino ignaro
che ti strapazzi per ore ed ore senza fine e pietà,
prima che venga fuori un verso che assomigli a un suono?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che avere la tentazione di conoscere
tutte le verità del mondo
e di volerle conoscere con le tue sole forze,
e poi scoprire che questo tuo desiderio è destinato
ad andare in fumo
e allora ti rivolgi a un fratello, a una sorella, a un amico
perché ti guardino per darti una risposta
e che invece ti dicono, “Ma di che t’impicci, lascia perdere!”?
tutte le verità del mondo
e di volerle conoscere con le tue sole forze,
e poi scoprire che questo tuo desiderio è destinato
ad andare in fumo
e allora ti rivolgi a un fratello, a una sorella, a un amico
perché ti guardino per darti una risposta
e che invece ti dicono, “Ma di che t’impicci, lascia perdere!”?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che starsene in un angolo in castigo,
pur sapendo di non aver fatto niente di male,
se non di esserti azzardato a usare le mani
per comunicare a un fratello del silenzio
un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento?
pur sapendo di non aver fatto niente di male,
se non di esserti azzardato a usare le mani
per comunicare a un fratello del silenzio
un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che vedere qualcuno gridare,
qualcuno che è solo convinto di aiutare a sentire;
e interpretare male le parole di un amico
che non vuole far altro che aiutarti a capire,
mentre tu credi che voglia prenderti in giro?
qualcuno che è solo convinto di aiutare a sentire;
e interpretare male le parole di un amico
che non vuole far altro che aiutarti a capire,
mentre tu credi che voglia prenderti in giro?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile di quando ti ridono in faccia,
solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri
proprio per essere sicuro di aver capito bene,
e poi ti accorgi che non avevi capito niente
e allora vorresti gridare, “Ti prego, fratello, aiutami!”?
solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri
proprio per essere sicuro di aver capito bene,
e poi ti accorgi che non avevi capito niente
e allora vorresti gridare, “Ti prego, fratello, aiutami!”?
L’autore di
questa poesia è Willard J. Madsen,
professore
al Gallaudet College,
direttore
del “Sugn Language Programs”,
sordo.
Abbiamo
ritenuto possibile dividere questa poesia del Prof. Madsen in due parti, due
momenti che possono esserci utili a capire come il bambino sordo si trovi in
ovvia, netta difficoltà, ad essere calato in un mondo di suoni come è il nostro
mondo. Nella prima parte di cui mi occuperò in questa sezione (per la seconda
vi rimando all’intervento di Nicoletta Esposito, sempre all’interno di www.eticadellacomunicazione.blogspot.it ) emerge
chiaramente come nella condizione attuale la vita del sordo sia veramente
complicata anzi, per dirla con le parole di Madsen, terribile. . Immaginiamoci
per un istante di vivere in un mondo del silenzio, senza che alcun suono
raggiunga il nostro orecchio; liberi non solo dal rumore e dal caos cittadino,
di quello in pochi potremmo dispiacerci, ma liberi da qualsiasi cinguettio,
sibilo, insignificante suono. Ora immaginiamoci nelle nostre classi, nelle aule
universitarie, nei nostri uffici, nei supermercati, completamente avvolti dal
silenzio. Con i nostri amici che cercano di comunicarci qualcosa emettendo dei
suoni che noi non possiamo sentire e che, allora, pensano bene di ignorarci, di
lasciarci lì nel nostro mondo ovattato. Pensiamo che nelle nostre scuole i
nostri insegnanti si avvicinino a noi urlandoci nelle orecchie credendo di
aiutarci così a sentire e… parlare.
Sembra si
voglia ignorare che un sordo profondo è quel qualcuno che sin dalla nascita non
ha mai avuto esperienza di un suono e che pertanto non è nemmeno in grado
di produrlo; semplicemente perché non ha idea di cosa quel suono sia. «Che cosa
c’è di più terribile che essere un bambino,a scuola, in una stanza vuota di
suono con una maestra che parla e parla; e che quando ti viene vicino si
aspetta che tu abbia capito le sue parole? […]O quando la maestra pensa che per
farti felice basti insegnarti a parlare con la tua voce?». Come si può
pretendere di insegnare a produrre un suono a qualcuno che non sa cosa sia
questo suono? Sarebbe come spiegare ad un cieco che l’arcobaleno è fatto da
sette colori, spigargli cosa sia un colore o fargli capire che il cielo è
azzurro e non giallo. Il cieco non sa cosa sia il giallo, non sa cosa sia un
colore, così come il sordomuto non sa cosa sia un suono. Ecco perché è sordo ed
anche muto. Ecco perché insegnare al sordo a parlare con la propria voce non lo
rende felice anzi! Lo si costringe ad apprendere una lingua che non è la sua,
una cosa che per lui non significa nulla. Quello di cui stiamo parlando è
l’oralismo puro a cui tanti bambini sordi sono costretti perché nel 2013 molti
genitori e molti medici ritengono che segnare sia qualcosa che non appartiene
all’essere umano il quale per essere tale ha bisogno di una lingua parlata: le
lingue dei segni vengono considerate, erroneamente, linguaggi e non lingue e
dunque non possono essere il discrimine tra l’uomo e la bestia. Il problema
dell’oralismo puro però è che non prevede un accesso immediato ad una lingua
del soggetto e così facendo destiniamo il bambino sordo a non avere mai una sua
lingua. Se si vieta al sordo di accedere alla propria lingua naturale egli non
avrà quello sviluppo cognitivo che ogni essere umano ha nel momento in cui
accede alla propria lingua naturale. La lingua naturale del sordo è
inevitabilmente quella dei segni. Allora c’è un modo per evitare che il
la vita di ogni bambino sordo sia la vita del bambino di Madsen. Se si
accettasse questa lingua come appunto una lingua e non un linguaggio il bambino
sordo non sarebbe costretto a «starsene in un angolo in castigo, pur sapendo di
non avere fatto niente di male,se non di esserti azzardato ad usare le mani per
comunicare ad un fratello del silenzio un pensiero che ti è venuto in mente
proprio in quel momento». Ha ragione Madsen, devi essere sordo per
capire; devi essere sordo per capire che costringere un sordo a parlare è
andare contro la sua natura, devi essere un sordo per capire che se il sordo
non segna non ha altro modo per comunicare, devi essere un sordo per capire che
il sordo non può parlare e che l’unico modo per evitare che si possa ridergli
in faccia, a parte avere un po’ di buona educazione, è lasciarlo esprimere nel
modo che più gli è congeniale. (Ovvero la lingua dei segni di cui si occuperà
Nicoletta Esposito.)
Insomma devi
essere un sordo per poter sperare nell’esistenza di un mondo che sia anche a
misura di sordo.
(Realizzato
volutamente senza audio)
Devi essere sordo per capire (Seconda Parte)
Devi essere sordo per capire
[…]
Devi essere
sordo per capire
Che cosa c’è di più terribile che pendere dalle labbra
di qualcuno che sente per te al telefono un amico;
e far telefonare a una ditta
ed essere costretto a svelare le tue cose più intime,
e poi scoprire che le tue parole
non sono state “tradotte” chiaramente?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che essere sordo e solo
in compagnia di quelli che possono sentire
e tu non puoi far altro che tirare ad indovinare mentre si cammina,
perché non c’è nessuno che ti tenda una mano
mentre tu cerchi di destreggiarti fra le parole e i suoni?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che incontrare per strada
uno sconosciuto che all’improvviso apre la bocca
per chiederti qualcosa
le parole corrono veloci sulle sue labbra
e tu non riesci a capirci nulla,
perché lui non sa che tu ti sei smarrito a rincorrere la sua voce?
Devi essere sordo per capire .
Che cosa c’è di più terribile che capire
le agili dita dei sordi che descrivono una scena
e che ti fanno sorridere ed essere sereno
con la « parola parlata » di una mano che si muove
e che ti aiuta in qualche modo a far parte del mondo?
Devi essere sordo per capire.
Com’è terribile sentire. una mano.
Sì, devi essere sordo per capirlo!
WILLARD J. MADSEN
“Devi
essere sordo per capire” è una poesia composta da un sordo americano, il
dott. Willard J. Madsen.
Nella poesia
l’autore vuole mettere in luce i problemi che devono affrontare i sordi nel
corso della vita, focalizzandosi sulle difficoltà che riscontrano
ogni giorno. Nell’incedere si ritrova spesso il verso che dà nome al brano
come nel voler rimarcare questa condizione di mancanza che porta loro ad un
livello di disparità.
I sordi come
sappiamo hanno bisogno di un interprete per comunicare con le persone
udenti. Madsen si pone il problema della comunicazione telefonica,
affermando che un interprete spesso non riporta la traduzione esatta
di ciò che un sordo vorrebbe dichiarare.
Ribadisce
che non c’è cosa più terribile che uscire e stare insieme ad amici udenti e non
poter comunicare con loro ed esprimere la propria opinione, inoltre molte volte
la mancanza di attenzione verso di loro non li aiuta a facilitare la
comprensione di ciò che viene detto.
Il poeta
vive nel terrore di incontrare per strada qualcuno che chieda
qualche informazione e di non poterlo aiutare.
Possiamo
riscontrare un doppio significato quando afferma: “Che cosa c’è di più
terribile che capire le agili dita dei sordi che descrivono una scena” .“Non
c’è cosa più terribile” perché appunto se riesci a comprendere questo tipo di
linguaggio, magari nella maggior parte dei casi non sei una persona udente e
quindi sei costretto a comunicare con la lingua dei segni, ma allo stesso tempo
si rincuora dicendo che sono cose che fanno sorridere appunto perché non si è
soli, c’è qualcuno che ti può comprendere, con il quale puoi comunicare senza
problemi e questo ti porta a sentirti parte integrante del mondo.
“Com’è
terribile “sentire” una mano. Sì, devi essere sordo per capirlo!”
La lingua
dei segni è una lingua utilizzata dalle persone sorde o udenti per comunicare
con i sordi. Si basa su un sistema di comunicazione visivo gestuale.
I sordi nel
corso della storia hanno subito molte ingiustizie, dal medioevo fino al ‘600
venivano identificati come persone mentalmente ritardate. Solo nel ‘700 i sordi
poterono accedere all’istruzione. La svolta significativa fu data da Charles
Michel de l’Epée, il quale nel 1755 fondò la prima scuola
pubblica per sordi a Parigi, ed elaborò un nuovo tipo di linguaggio,
decise di utilizzare questa forma di comunicazione per insegnare la
lingua scritta e parlata aggiungendo dei segni da lui creati corrispondenti
alla struttura morfosintattica della lingua francese.
Il suo
successore fu Sicard che perfezionò ulteriormente il linguaggio dei segni,
sviluppandolo poi in altri continenti. Nel 1791 la scuola fondata da
l’Epée diventa L’istituto Nazionale dei sordomuti di Parigi.
In seguito
la lingua dei segni fu introdotta anche negli Stati Uniti per mano di Thomas
Gallaudet, il quale si recò in Francia per imparare la lingua dei segni ed
insieme a Clerc fondarono nel 1817 la prima scuola a Hertford nel Connecticut e
in seguito la lingua si diffuse in tutti gli Stati Uniti.
Nel 1864 Edward Gallaudet fondò a Washington
la Gallaudet University, l’unica università al mondo che utilizza i segni
nell’attività didattica. In Italia l’abate Tommaso Silvestri apprese il metodo
di l’Epée e fondò la scuola per sordi a Roma.
Nel 1880 a
Milano si riunì il Congresso Internazionale il quale diede una svolta alla
lingua dei segni, in maniera del tutto negativa. Affermarono la superiorità
della lingua parlata su quella segnata e imposero il divieto dell’uso dei
segni. Questo comportò un calo di alfabetizzazione per i sordi. William Stokoe,
un ricercatore americano, fu il primo a dimostrare che la lingua dei segni non
è solo una mimica, ma è una vera e propria lingua, con un
suo lessico e una sua grammatica in grado di esprimere qualsiasi
messaggio.
Nella lingua
dei segni come in quella parlata esistono dei sottoelementi minimi privi di
significato che prendono il nome di cheremi( fonemi nella lingua parlata). Ogni
segno della lingua dei segni ha quattro cheremi: Movimento quello che la mano,
le dita e il polso compiono nell’esecuzione del segno, l’ Orientamento del palmo della mano che può essere rivolto
verso l’alto, il basso a destra e sinistra, il Luogo dove viene eseguito il
segno, e la Configurazione che sarebbe la forma assunta dalla mano.
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