(Willard J. Madsen)
Che cosa c’è di più terribile che “sentire” una mano?
Devi essere sordo per capirlo!
Che cosa c’è di più terribile che essere un bambino,
a scuola, in una stanza vuota di suono
con una maestra che parla e parla e parla;
e che quando ti viene vicino
si aspetta che tu abbia capito le sue parole?
Devi essere sordo per capire.
O quando la maestra pensa che per farti felice
basti insegnarti a parlare con la tua voce;
come se tu fossi un giocattolo nelle mani di un bambino ignaro
che ti strapazzi per ore ed ore senza fine e pietà,
prima che venga fuori un verso che assomigli a un suono?
basti insegnarti a parlare con la tua voce;
come se tu fossi un giocattolo nelle mani di un bambino ignaro
che ti strapazzi per ore ed ore senza fine e pietà,
prima che venga fuori un verso che assomigli a un suono?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che avere la tentazione di conoscere
tutte le verità del mondo
e di volerle conoscere con le tue sole forze,
e poi scoprire che questo tuo desiderio è destinato
ad andare in fumo
e allora ti rivolgi a un fratello, a una sorella, a un amico
perché ti guardino per darti una risposta
e che invece ti dicono, “Ma di che t’impicci, lascia perdere!”?
tutte le verità del mondo
e di volerle conoscere con le tue sole forze,
e poi scoprire che questo tuo desiderio è destinato
ad andare in fumo
e allora ti rivolgi a un fratello, a una sorella, a un amico
perché ti guardino per darti una risposta
e che invece ti dicono, “Ma di che t’impicci, lascia perdere!”?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che starsene in un angolo in castigo,
pur sapendo di non aver fatto niente di male,
se non di esserti azzardato a usare le mani
per comunicare a un fratello del silenzio
un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento?
pur sapendo di non aver fatto niente di male,
se non di esserti azzardato a usare le mani
per comunicare a un fratello del silenzio
un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che vedere qualcuno gridare,
qualcuno che è solo convinto di aiutare a sentire;
e interpretare male le parole di un amico
che non vuole far altro che aiutarti a capire,
mentre tu credi che voglia prenderti in giro?
qualcuno che è solo convinto di aiutare a sentire;
e interpretare male le parole di un amico
che non vuole far altro che aiutarti a capire,
mentre tu credi che voglia prenderti in giro?
Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile di quando ti ridono in faccia,
solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri
proprio per essere sicuro di aver capito bene,
e poi ti accorgi che non avevi capito niente
e allora vorresti gridare, “Ti prego, fratello, aiutami!”?
solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri
proprio per essere sicuro di aver capito bene,
e poi ti accorgi che non avevi capito niente
e allora vorresti gridare, “Ti prego, fratello, aiutami!”?
L’autore di
questa poesia è Willard J. Madsen,
professore
al Gallaudet College,
direttore
del “Sugn Language Programs”,
sordo.
Abbiamo
ritenuto possibile dividere questa poesia del Prof. Madsen in due parti, due
momenti che possono esserci utili a capire come il bambino sordo si trovi in
ovvia, netta difficoltà, ad essere calato in un mondo di suoni come è il nostro
mondo. Nella prima parte di cui mi occuperò in questa sezione (per la seconda
vi rimando all’intervento di Nicoletta Esposito, sempre all’interno di www.eticadellacomunicazione.blogspot.it ) emerge
chiaramente come nella condizione attuale la vita del sordo sia veramente
complicata anzi, per dirla con le parole di Madsen, terribile. . Immaginiamoci
per un istante di vivere in un mondo del silenzio, senza che alcun suono
raggiunga il nostro orecchio; liberi non solo dal rumore e dal caos cittadino,
di quello in pochi potremmo dispiacerci, ma liberi da qualsiasi cinguettio,
sibilo, insignificante suono. Ora immaginiamoci nelle nostre classi, nelle aule
universitarie, nei nostri uffici, nei supermercati, completamente avvolti dal
silenzio. Con i nostri amici che cercano di comunicarci qualcosa emettendo dei
suoni che noi non possiamo sentire e che, allora, pensano bene di ignorarci, di
lasciarci lì nel nostro mondo ovattato. Pensiamo che nelle nostre scuole i
nostri insegnanti si avvicinino a noi urlandoci nelle orecchie credendo di
aiutarci così a sentire e… parlare.
Sembra si
voglia ignorare che un sordo profondo è quel qualcuno che sin dalla nascita non
ha mai avuto esperienza di un suono e che pertanto non è nemmeno in grado
di produrlo; semplicemente perché non ha idea di cosa quel suono sia. «Che cosa
c’è di più terribile che essere un bambino,a scuola, in una stanza vuota di
suono con una maestra che parla e parla; e che quando ti viene vicino si
aspetta che tu abbia capito le sue parole? […]O quando la maestra pensa che per
farti felice basti insegnarti a parlare con la tua voce?». Come si può
pretendere di insegnare a produrre un suono a qualcuno che non sa cosa sia
questo suono? Sarebbe come spiegare ad un cieco che l’arcobaleno è fatto da
sette colori, spigargli cosa sia un colore o fargli capire che il cielo è
azzurro e non giallo. Il cieco non sa cosa sia il giallo, non sa cosa sia un
colore, così come il sordomuto non sa cosa sia un suono. Ecco perché è sordo ed
anche muto. Ecco perché insegnare al sordo a parlare con la propria voce non lo
rende felice anzi! Lo si costringe ad apprendere una lingua che non è la sua,
una cosa che per lui non significa nulla. Quello di cui stiamo parlando è
l’oralismo puro a cui tanti bambini sordi sono costretti perché nel 2013 molti
genitori e molti medici ritengono che segnare sia qualcosa che non appartiene
all’essere umano il quale per essere tale ha bisogno di una lingua parlata: le
lingue dei segni vengono considerate, erroneamente, linguaggi e non lingue e
dunque non possono essere il discrimine tra l’uomo e la bestia. Il problema
dell’oralismo puro però è che non prevede un accesso immediato ad una lingua
del soggetto e così facendo destiniamo il bambino sordo a non avere mai una sua
lingua. Se si vieta al sordo di accedere alla propria lingua naturale egli non
avrà quello sviluppo cognitivo che ogni essere umano ha nel momento in cui
accede alla propria lingua naturale. La lingua naturale del sordo è
inevitabilmente quella dei segni. Allora c’è un modo per evitare che il
la vita di ogni bambino sordo sia la vita del bambino di Madsen. Se si
accettasse questa lingua come appunto una lingua e non un linguaggio il bambino
sordo non sarebbe costretto a «starsene in un angolo in castigo, pur sapendo di
non avere fatto niente di male,se non di esserti azzardato ad usare le mani per
comunicare ad un fratello del silenzio un pensiero che ti è venuto in mente
proprio in quel momento». Ha ragione Madsen, devi essere sordo per
capire; devi essere sordo per capire che costringere un sordo a parlare è
andare contro la sua natura, devi essere un sordo per capire che se il sordo
non segna non ha altro modo per comunicare, devi essere un sordo per capire che
il sordo non può parlare e che l’unico modo per evitare che si possa ridergli
in faccia, a parte avere un po’ di buona educazione, è lasciarlo esprimere nel
modo che più gli è congeniale. (Ovvero la lingua dei segni di cui si occuperà
Nicoletta Esposito.)
Insomma devi
essere un sordo per poter sperare nell’esistenza di un mondo che sia anche a
misura di sordo.
(Realizzato
volutamente senza audio)
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