“Bisogna avere il coraggio di
amare il Silenzio, scritto con la S maiuscola, perché dietro, tout-court, c’è
tutto un mondo di persone ‹‹meravigliosamente speciale ››, vale a dire bembini
e adulti che non possono udire intelligibilmente la parola tramite la
percezione acustica. Nel corso dei secoli indicati: sordomuti, sordi,
sordastri, cofotici, non udenti, male udenti, anacusici, ipoacusici, audiolesi,
deboli d’udito e duri d’orecchio. Io li chiamo semplicemente persone del
Silenzio, miei fratelli: e so che, pronunciandone il nome, mi attribuisco il
merito di far parte di quel mondo migliore, che procede con una marcia in più”
Queste
sono le parole che Renato Pigliacampo scrive nel suo blog http://www.renatopigliacampo.it/public/blog/,
blog in cui lo psicologo della comunità sorda, cerca di denunciare una realtà
troppe volte ignorata, dimostrando di non temere la sordità, di averla
metabolizzata attraverso la cultura, il coraggio e la continua richiesta alle Istituzioni
di rispondere alle necessità del Silenzio. Per Pigliacampo, il Silenzio non
deve essere semplicemente ascoltato, ma sentito affinché diventi strumento per
abbattere le barriere e conduca alla conquista della parola e della dignità,
troppo a lungo negata. Il Silenzio deve diventare, dunque, momento di
attenzione e osservazione, nonché di rispetto: la via d’accesso alla porta
principale del linguaggio, che è, in primis, comprensione e sentimento.
La
storia di pigliacampo è, innanzitutto, la storia di un bambino inserito in una
famiglia preoccupata della condizione clinica delle sue orecchie,
impossibilitate ad ascoltare, ma è al contempo, la scoperta di un figlio che
è andato oltre i condizionamenti, oltre la parola verbale perché, pensando e
scrivendo, egli è riuscito ad entrare
nel mistero delle parole e a padroneggiarle con ineguagliabile maestria e
sapienza. Centrali, nella sua vita, appaiono le sue mani, che egli chiama “mani
segnanti”, che raccontano la sua esistenza nel Silenzio: attraverso le sue
mani, capaci di comunicare idee e emozioni, egli diventa padrone del suo
Silenzio e artefice del suo destino.
Impegnato
infatti da diversi anni nel dibattito sull’educazione dei sordi, si è fatto
apprezzare per la sua originalità e il suo coraggio nel denunciare, anche
attraverso il racconto della propria esperienza personale, gli errori compiuti
nel passato dalla tradizione storica, incentrata sul metodo oralista e sulla
mortificazione della lingua dei segni.
Pigliacampo
si è cimentato nello studio delle più diverse discipline, dalla linguistica
all’antropologia, ricavando, da ciascuna, idee e spunti interessanti per
giungere all’affermazione della sua teoria: la
Lingua dei Segni è la lingua naturale dei sordi e la loro educazione potrà
essere proficua solo se la società sarà disposta ad accettarla senza pregiudizi
e ad utilizzarla. Senza lingue, infatti, senza uno strumento che permetta
loro la comunicazione, i non udenti non potranno conquistare nella società il
posto che meritano.
Interessante
è l’intervista che Renato Pigliacampo rilascia in occasione di un Convegno dell’
ENS di Treviso del 16 Ottobre 2010.
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